INTOLLERANZE ALIMENTARI
L’intolleranza alimentare pur presentando sintomi simili a quelli provocati dall’allergia vera e propria (che possono essere gonfiore addominale, diarrea, vomito, dispepsia ma anche rush eritematoso, prurito e orticaria) non è dovuta ad una reazione del sistema immunitario e soprattutto varia in base alla quantità di alimento ingerita.
Inoltre, poiché ci sono alcuni disturbi a carico dell’apparato gastrointestinale (come il colon irritabile, la divercolite, la gastrite e il reflusso gastroesofageo) che presentano sintomi che possono essere erroneamente attribuiti ad un’intolleranza alimentare, per ottenere una diagnosi corretta e togliersi ogni dubbio, è necessario effettuare il test corretto.
Sono molteplici i test per le intolleranze alimentari che vengono proposti:
- test di provocazione-neutralizzazione sublinguale
- kinesiologia applicata
- test elettrodermici (Vega Test, Sarm Test, Biostrenght Test e varianti)
- biorisonanza
- iridologia
- analisi del capello
- Pulse Test
- Strenght Test
- riflesso cardio auricolare
- test citotossico
- dosaggio delle IgG 4
Si tratta però di pratiche che non hanno nessuna validità scientifica: ci mette in guardia la Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri che lo scorso anno ha pubblicato sul suo sito un documento molto interessante che smentisce l’attendibilità di molte di queste analisi a cui purtroppo fanno ancora ricorso in molti, non tanto per una questione economica quanto per un’apparente semplicità della diagnosi rispetto alla classica trafila ospedaliera.
Invece, uno dei test validi per diagnosticare le intolleranze alimentari è quello genetico.
I test genetici per le intolleranze alimentari sono test di suscettibilità, ovvero valutano la maggiore o minore predisposizione genetica di un individuo a sviluppare l’intolleranza.
Le intolleranze alimentari più diffuse sono quella al lattosio e quella alla celiachia.
L’intolleranza al lattosio si manifesta quando viene a mancare parzialmente o totalmente la lattasi, un enzima presente nell’intestino tenue. In caso di carenza o mancanza totale di questo enzima, il lattosio non viene digerito e rimane nell’intestino crasso dove viene fermentato dalla flora batterica intestinale con conseguente produzione di gas, acqua e acidi.
L’intolleranza è scritta nei geni.
Nel 90% dei casi l’intolleranza al lattosio è riconducibile a una variazione del DNA: un polimorfismo nella regione regolatrice del gene per la lattasi. Il test genetico per l’intolleranza al lattosio permette di distinguere tra chi ha entrambe le copie sane del gene, chi ne ha solo una sana e chi le ha entrambe mutate. Nel primo caso il soggetto produce alti livelli di lattasi ed è in grado di digerire il lattosio; mentre nell’ultimo caso il soggetto ha una minore produzione di lattasi quindi una maggiore difficoltà nel digerire il lattosio.
Anche l’intolleranza al Glutine è scritta nei geni.
I geni HLA sono immutabili per tutta la vita e la loro tipizzazione può distinguere tra soggetti geneticamente suscettibili e non-suscettibili alla malattia celiaca.
Il test genetico valuta la maggiore o minore predisposizione di un individuo a sviluppare l’intolleranza al glutine in base alla presenza/assenza di fattori di rischio (quali DQ2 e DQ8). La presenza degli alleli DQ2 e/o di DQ8 determina un aumento del rischio di celiachia, a seconda delle diverse combinazioni, fino a circa 14 volte quello della popolazione generale, mentre l’assenza di alleli a rischio rende del tutto improbabile lo sviluppo della malattia.
Quindi se si sospetta un’intolleranza bisogna rivolgersi ad uno specialista che eseguirà i test specifici e, con in mano i risultati, potrà elaborare la diagnosi corretta.